Licenziamento

Con il termine licenziamento si intende un atto unilaterale del datore di lavoro che determina la cessazione del rapporto di lavoro.

Il licenziamento va comunicato per iscritto al lavoratore tramite raccomanda con ricevuta di ritorno (A/R) presso l’ultimo domicilio conosciuto in mancanza di presenza sul posto di lavoro, facendogli firmare, in questo caso, una ricevuta di avvenuta presentazione e consegna della lettera di licenziamento; è nullo il licenziamento intimato in forma verbale.

Presso le aziende con più di 15 dipendenti e con situazioni di crisi aziendale, di riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività, si può prevedere un licenziamento collettivo.

Esistono due tipologie di licenziamento collettivo:

  • per riduzione di personale dipendente: è previsto un licenziamento di almeno cinque dipendenti in un arco temporale di 120 giorni, nel caso di crisi aziendale che riguardi una riduzione o trasformazione dell’attività d’impresa o del lavoro;
  • per messa in mobilità: il licenziamento si verifica nel corso o alla fine di un periodo di Cassa Integrazione straordinaria quando non è possibile garantire  il rintegro di tutti i lavoratori per i quali era stata chiesta la Cassa Integrazione.

Per il licenziamento individuale sussistono una giusta causa o un giustificato motivo oggettivo o soggettivo:

  • giusta causa: a seguito di una causa grave, gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali, qualsiasi circostanza esterna al rapporto lavorativo che si sia verificata nella vita privata  del lavoratore ma idonea a ledere il vincolo di fiducia tra le parti, tale da non permettere il procedere del rapporto di lavoro, anche provvisoriamente.
  • giustificato motivo soggettivo: quando il dipendente commette un inadempimento degli obblighi contrattuali o viola una norma della disciplina del rapporto lavorativo;
  • giustificato motivo oggettivo: riguarda motivazioni legate all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro, al regolare funzionamento di essa. Alcuni esempi possono essere: la chiusura dell’attività produttiva, la soppressione del posto di lavoro, esternalizzazione di servizi a terze parti (imprese/collaboratori) non presenti in azienda.

Il recesso può essere intimato liberamente per i lavoratori domestici, i lavoratori in prova, i lavoratori che hanno maturato il diritto alla pensione di vecchiaia, i dirigenti, atleti professionisti e apprendisti.

Il divieto di licenziamento è previsto:

  • in caso di matrimonio del lavoratore, dal momento delle pubblicazioni fino ad un anno dopo la celebrazione dello stesso;
  • per le lavoratrici madre dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento del primo anno del bambino e per il lavoratore padre per tutta la durata del congedo di paternità fino al compimento del primo anno del bambino;
  • in caso di adozioni e affidamento massimo un anno dall’ingresso del bambino in famiglia;

Il divieto non si applica in caso di colpa grave, di cessazione dell’attività, di scadenza del termine del rapporto lavorativo.

Per tutelare il lavoratore in caso di licenziamento, è di obbligo per il datore di lavoro rispettare un periodo di preavviso, la cui durata è prevista e determinata dai contratti collettivi in essere e cambia in base alla mansione che svolge il lavoratore e alla sua anzianità.

L’art. 2118 cod. civ. prevede la possibilità di intervenire con l’indennità di preavviso a sostituzione del periodo di preavviso, calcolata in un numero di mensilità o di giorni stabilito dai contratti collettivi.

Si ricorda che l’obbligo del preavviso decade in caso di licenziamento per giusta causa.